di Carola Minincleri Colussi
“Come diavolo posso fare, Sandra, a portare un tema così delicato in teatro?”
“Non parlare della punta dell’iceberg”.
Quella raccomandazione mi si conficcò nella testa come un chiodo. La presi alla lettera, con il gruppo di ricerca FZU35, il vivaio di Farmacia Zooè, ci immergemmo come sub professionisti. E la pandemia ci costrinse a restare immersi anche più a lungo del previsto.
Studiammo i DCA, leggemmo libri, intervistammo persone che avevano vissuto l’esperienza direttamente e indirettamente, incontrammo medici, esperti, familiari, analizzammo il tema della
voce da ogni punto di vista, da dato sensibile nella legge sulla privacy a vibrazione sonora e, dopo il lockdown, finalmente arrivammo a realizzare le improvvisazioni fisiche che ci portarono al copione.
Avevo incontrato Sandra nel marzo del 2018, in occasione della Giornata Nazionale del Fiocchetto
Lilla, l’anno dopo mi aveva fatto leggere i diari dei suoi anni di malattia, lettura dopo la qualche avevo deciso che lo spettacolo si sarebbe chiamato “La Voce”, e l’8 gennaio 2020 incominciammo la ricerca. Debuttammo il 3 ottobre 2021, alla vigilia del … compleanno di Sandra.
Ciò che abbiamo compreso è che i DCA sono la punta dell’iceberg, il segno di una sofferenza emotiva profonda e al contempo un enorme segnale che c'è vita, una vita da riscoprire, e di cui riappropriarsi è certamente possibile.