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L’ascolto non è un’idea

di Carola Minincleri Colussi

Mi sono seduta nel pubblico oggi. Ho guardato la replica de “La Voce” al Teatro del Parco dalla platea. Di solito sono perlopiù dietro le quinte, o in regia. Invece oggi mi sono seduta nella fila di un gruppo di ragazzi che durante l’intervento di Sandra, che introduce sempre il nostro format per le scuole, parlava a voce un po' alta, distraendosi e disturbando un po’ la ricezione del messaggio da parte di tutti gli altri.
Non insegno e non ho mai insegnato con continuità nelle scuole, ci sono entrata per insegnare teatro, per interventi di varia natura, non mi permetterei mai di dare alcun suggerimento ai
professori. Fare il prof. è un mestiere difficilissimo, si sa. Quasi come quello del genitore, non li vedo troppo distanti.
Oggi il tempo che i ragazzi passano con i loro insegnanti è quasi sicuramente più di quello che trascorrono con i genitori.
Però vorrei raccontare loro che cos’è successo, quando oggi mi sono seduta tra i ragazzi: sapevo che li avrei colti di sorpresa parlando loro al microfono mentre già m’introducevo nella loro fila, tra le poltrone, chiedendo di farmi posto.
Sapevo che, nonostante un poca di spavalderia, l’effetto sorpresa non avrebbe consentito di reagire, che sarei quasi sicuramente riuscita a sedermi tra loro.

Immagine della gradinata del Teatro del Parco di Mestre (YouTheater) con giovani seduti di spalle. Ascoltano 6 persone che parlano davanti a uno schermo sul palco. La foto è tratta dall'evento "La Voce. Esprimi un desiderio"

Era il mio scopo, stare in mezzo a loro senza che si sentissero ripresi come dei ragazzini, davanti ai loro compagni.
Una volta seduta ho aperto completamente il mio ascolto, ho sentito la loro tensione, imbarazzo, un po’ di rabbia. Non mi sono fatta spaventare.
Sono rimasta lì, con la mia pura intenzione di consentire loro di fruire fino in fondo dell’esperienza di uno spettacolo muto.
Ho spiegato loro dell’occasione di ascoltare il suono organico di un corpo che lotta e fatica, il respiro vivo, di osservare le gocce di sudore, ho detto di prepararsi ad ascoltare, che l’ascolto non rivela qualcosa di ideale, ma ciò che c’è, tensione, imbarazzo, rabbia, che poco alla volta si fa tregua, interesse, curiosità, che può diventare noia, caldo, sonno, paura, una risata inaspettata.
Penso che siamo letterali, nelle nostre manifestazioni: se alzi la voce, forse mi stai chiamando, ti vuoi far sentire. Allora arrivo, vengo là, e ti ascolto.
È andata bene, non volava una mosca, non perché tacevano, ma perché erano attenti. Alla fine li ho ringraziati per l’ospitalità.

Mappa Del Cuore
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